Spazi sottratti in via di rivendicazione.

di Olly

Ieri sera una signorina dalla voce impostata, addestrata per
nascondere il proprio accento straniero, mi chiama al telefono per un
sondaggio preelettorale.

Il questionario era stato formulato apposta per gli abitanti delle
periferie nel Lazio, al che mi sono sfregata le mani e ho ascoltato
con molta attenzione le domande che mi venivano poste: l’inchiesta
ruotava intorno alle prossime elezioni politiche regionali, in
particolare sulle figure della Bonino e della Polverini.

Ecco come si è svolta: 

la signorina al telefono, molto probabilmente di origine
sudamericana, mi legge delle dichiarazioni pubbliche fatte dall’una e
dall’altra candidata, dichiarazioni pressocché identiche sui
temi più gettonati in campagna elettorale: più spazi
per i gggiovani, meno spazzatura per tutti, meno inquinamento
in città. Ad ogni affermazione dovevo esprimere un giudizio
qualitativo (ottimo, buono, poco buono, pessimo).



Inoltre il sondaggio si proponeva di capire quanta credibilità
avevano le candidate attraverso domande del tipo: "Che voto
darebbe alla tenacia di Emma Bonino?" oppure "Che voto
darebbe all’empatia di Renata Polverini?".
L’intervista si è
conclusa con uno stupefacente: "Quanto è cattolica?
(rivolto a me, n.d.O.). Poco, abbastanza, o molto?".

 Insomma, siamo alle solite.

Non voglio affrontare in questa sede il discorso della sinistra e
della destra, non voglio scadere in ovvietà, e oltretutto
tengo molto ad un concetto che ho affermato anche qui, ovvero: ogni
volta che si pone una questione, la riflessione si sposta
inevitabilmente dai soggetti che la subiscono, al politicante di
turno che fa o non fa delle cose.

In accordo con la policy di questo blog, colgo l’occasione del
sondaggio elettorale che mi è stato fatto per invitarvi a
riflettere su quanto e come le periferie vengano considerate come
luogo passivo sulla cui pelle svolgere le varie campagne elettorali,
imbrattandone i muri, molto spesso, di cartelloni anche abusivi.

Di abusivismo nelle periferie ne potremmo parlare per ore, perché
ce n’è veramente di tutti i tipi. A me interessa, però,
quanto effettivamente questi sondaggi siano utili nella pratica
politica di tutti i giorni. Mi spiego meglio: se la Polverini o la
Bonino o chiunque sotto campagna elettorale afferma delle cose, si
presume che dall’altra parte ci sia una replica, una risposta.
Ebbene, questo non avviene mai. Non c’è mai una risposta, né
tantomeno ce la si aspetta.


E’ come se io parlassi con te, che stai leggendo, senza
considerare nemmeno la possibilità che tu possa replicare.
Questo si chiama discorso unilaterale.

Nel discorso unilaterale solo il primo che parla verrà
ascoltato, ma può parlare proprio in ragion del fatto che
esiste quell’Altro che gli permette di dargli argomento di
discussione.

Perchè esiste questa passività nel discorso politico
nelle periferie?

E’ un discorso complesso e lungo, che è stato ben
analizzato in una ricerca sociologica che vi invito a leggere, che si
chiama “Periferie. Da problema a risorse.” di Franco Ferraroti e
Maria Immacolata Macioti.

La ricerca, che verte proprio sulle periferie romane, rileva come
siano praticamente assenti i partiti in queste zone, mentre siano
molto più attivi i centri sociali, luoghi dove c’è
partecipazione politica attiva. Le persone che vi fanno parte
discutono di problemi quali la casa, il lavoro, la scuola,
l’università, Offrono spazi per attività culturali più
o meno interattive, mostre fotografiche e artistiche, visione di film
a poco prezzo, se non addirittura gratuitamente o a offerta libera, e
in alcuni centri sociali, addirittura, c’è una palestra
“popolare”, accessibile a tutti/e perchè la quota mensile
è economica.

Gli spazi dei centri sociali sanno di rivendicazione dei propri
spazi, troppo spesso occupati da persone che non la vivono, la
periferia.

Cosa che fanno, i/le candidati/e in fase preelettorale, quando sgomberano la popolazione Rom, e in generale quando si vogliono fare
mera pubblicità. Quello che fanno non è guadagnarsi uno
spazio, ma comprarselo. E la differenza c’è, perchè il
valore è completamente diverso. Anche se il concetto di valore
sembra essersi estinto, in realtà in alcune zone è
ancora presente.

Il valore non c’è, non c’è nemmeno lo sforzo che sta
alla base, se si paga uno spazio. Si dice che è ovvio pagare
per pubblicizzarsi. E’ ovvio entro una certa mentalità
borghese. Non è ovvio, o almeno, non è accettabile, se
i cartelloni elettorali inquinano la mia città Periferica, io
che non mi sono mai acquistat@ uno spazio di visibilità. Al
centro della lunga via Palmiro Togliatti, per esempio, ci sono delle
aiuole verdi, puntualmente rovinate da gigantografie del/della
politicante di turno.

E’ lì, in quella via desolata e grigia, dove gli unici
colori sgargianti a spiccare sono quelli dei cartelloni pagati una
marea di soldi, che Periferica mostra il suo sguardo più
triste. Ma che chiede allo stesso tempo ulteriore rivendicazione.

E ti dice che l’uso partitico della periferia come bacino di vita
inerme e passibile, bacino dove raccogliere voti per poi usarne il
potere, non è giusto. E’ un esproprio della propria identità,
pagata bei milioni.

Perchè anche l’identità ha un prezzo, in Periferica.

#La seconda e terza foto sono state scattate al Forte Prenestino. Tutte e tre sono opera di giuLia . Se ti sono
piaciute clicca qui per vederne altre
#

——-> il blog in questo momento ha alcuni problemi tecnici
(contatti e commenti), e poi stiamo imparando a personalizzare il
blog. Se hai difficoltà a commentare o a contattarci, scrivi a
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3 Responses to Spazi sottratti in via di rivendicazione.

  1. Olly says:

    se i commenti funzionano… tutt* a brindar…

  2. Olly says:

    Prova funzionamento commenti.

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