A causa di problemi tecnici questo post, scritto l’8 marzo, viene pubblicato oggi. Tuttavia, siccome per noi l’otto marzo è tutti i giorni, non abbiamo voluto modificare il testo.
Buona lettura!
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Decidiamo
di dare il via alla rubrica “Genere di Periferie” l’otto marzo
perché crediamo che sia tempo di porre particolare attenzione alla
maniera in cui le donne vengono riprodotte nelle pubblicità che
infestano le periferie in cui viviamo.
La
riflessione nasce dalla mia passione per la fotografia a livello
molto amatoriale, difatti le foto non pretendono di rispettare
tecniche fotografiche, che ignoro totalmente.
Esse
sono una sorta di documenti, che in realtà tutti e tutte potremmo
fotografare. L’idea nasce dal fatto che a mio parere le pubblicità
che rappresentano le donne come mezzo per pubblicizzare un prodotto
finiscono per mettere in secondo piano il prodotto stesso e veicolare
un messaggio ben preciso di femminilità, che, alla fine, influenza
il modo di intendere la donna.
Donna
che non si autodetermina, quindi, che non si sceglie, che non decide
il meglio per sé, ma che ridotta a semplice veicolo, oggetto, resta
muta.
Secondo
la tradizione, l’otto marzo 1908 centoventinove donne manifestavano
per richiedere più diritti in fabbrica. Venne dato fuoco
all’edificio, serrate le uscite, e vi morirono.
C’è
chi dice che questo incendio non ci sia mai stato, ma poco importa,
perché ormai l’otto marzo è il simbolo delle conquiste e delle
lotte femminili.
Negli
ultimi tempi è stato completamente trascurato il suo vero
significato, ma per noi, che è sempre l’otto marzo, è uno dei
giorni dell’anno per dire basta all’assassinio femminile. E non
intendo con questo solo il femminicidio, di cui parla Barbara
Spinelli nel suo libro, ma anche tutti quegli omicidi sociali rivolti
specificatamente alle donne, al loro essere, alla loro interiorità.
Omicidi
sociali che si consumano anche, io credo, nella rappresentazione
reiterata di una donna che non esiste, e che nel tentativo di
raggiungere i suoi standard irraggiungibili, il tutto sfoci in una
repressione dell’Io, per poi dare vita a disturbi più o meno gravi
che affliggono le donne.
Spesso
modificata al computer, l’immagine pubblicitaria femminile viene poi
affissa su pannelli 6X8 che padroneggiano sulla città.
Parlare
di omicidi sociali reiterati, rischia di eludere le responsabilità,
così come dire che “il colpevole è la società”.
Per
limitarsi solo al caso delle cosiddette pubblicità sessiste, in
realtà i responsabili sono tutti coloro che si occupano di politiche
pubblicitarie.
E
per cominciare la nostra rubrica, scegliamo la pubblicità che da
mesi è affissa sui pannelli di Roma, dal centro alla periferia, ma
soprattutto nella periferia, dove la concentrazione di popolazione è
più alta e quindi il prodotto più richiesto: quella dei Centri
Dimagranti Sobrino.
Lo
slogan, che recita “Centri Dimagranti Sobrino, magri come un
grissino”, rivolgendosi quindi ad un pubblico eterogeneo, in realtà
si rivolge specificatamente alle donne.
Infatti
l’immagine più diffusa dai centri dimagranti, è questa qui sopra:
una donna dai capelli lunghi e senza movimento, occhi vitrei e vuoti,
un po’ spalancati, pelle lucida di plastica, sopracciglia perfette e
denti bianchissimi: potrebbe far invidia a Barbie-chirurga.
A
ben osservare l’immagine, tra l’altro, si può notare come la bocca
non sia piegata in un sorriso, ma che sia semplicemente un po’
tirata, a mo’ di ghigno.
L’idea
di felicità che si tenta di trasmettere dall’equivalenza
magri/e=felici, fallisce magicamente osservando proprio la natura
profonda di questo sponsor.
Altri
manifesti affissi dai centri dimagranti rappresentati in formato più
piccolo ma altrettanto diffusi, sono quelli in cui c’è il famoso
“prima” e “dopo” la cura dimagrante.
C’è
sia la versione femminile, che si può vedere qui, sia quella
maschile che è però misteriosamente stata tolta subito (forse
funzionava troppo poco per gli uomini?).
La
donna grassa è chiaramente meno felice di quella più magra, il
grasso suggerisce alla vista qualcosa da cui si vuole distogliere
velocemente lo sguardo in favore della versione magra e atletica
della stessa persona (anche se non ci metterei la mano sul fuoco che
è veramente la stessa…).
Il
ruolo svolto dalle due immagini è ovviamente la promessa
dell’ottenimento, hic et nunc, della felicità tramite una
dieta dimagrante. Non importa quello che voi siate, quello che
facciate, se avete partorito uno, due, tre figli, se non avete
abbastanza soldi per garantirvi un’alimentazione equilibrata perché
siete precarie oppure sottopagate in quanto donne, e si sa, i cibi
più grassi sono quelli che costano di meno, oppure non vi potete
permette di praticare uno sport sempre per gli stessi motivi; non
importa nemmeno se riuscite a mangiare con costanza o meno, se ce
l’avete la pausa pranzo, e se ce l’avete, come dovete gestire quel
tempo.
Non
importa.
In
nome della felicità, voi dovete andare al centro dimagrante, per
diventare come barbie-chirurga (bè, forse chirurga non lo sarete
mai… Quello è un lavoro da uomini. Al massimo barbie-sexy
infermiera, fatte apposta per piacere al vostro Lui!), rettifico, per
diventare come barbie-sexy infermiera, ed essere finalmente felici.
Come
Lui vi vuole.
#qui sotto, altre foto scattate lungo le maggiori strade ad alto scorrimento della Periferica romana; grazie a Clito per essersi prestato alla fotografia acrobatica#
…certo la pubblicità per le strade sono messaggi che si insinuano nelle nostre menti e che volenti o nolenti attirano la nostra attenzione;ma vogliamo parlare di come si pone la donna in tutte e ribadisco tutte le trasmissioni tv? E’ vero, tu potresti dirmi che basta non guardarla, ma purtroppo l’età media di quelli che guardano il piccolo schermo è molto bassa, e quindi molto influenzabili…
E poi mi domando..qual’è quella donna che per spazzare il pavimento sgambetta per casa tutta truccata e con tacchi di dodici cm?
E poi è proprio indispensabile publicizzare qualsiasi prodotto ci viene in mente mostrando donne ammiccanti che muovono il sedere mezze nude?
Non vorrrei sembrare vecchia (certo non sono una ragazzina) ma ai miei tempi non c’era tutto questo sfruttamento del corpo femminile!!!